Clandestini

Mai visto un angelo con ali nere. Sarà forse per il corpo bianco di luce. O per il panneggio ancora più bianco, che una brezza perenne, questa sì miracolosa, tiene sospeso all’altezza del pube. Sono stanco. Sono vecchio. Ho legato l’asino alla quercia.
”Faccio dormire il bimbo” ha detto mia moglie, intonando una ninnananna. Un filo di voce e il piccolo aveva già chiuso gli occhi. Dal cielo sono sbucati due piedi. ”Facciamo riposare anche la mamma” mi ha sussurrato l’angelo. Mi ha consegnato lo spartito. Mi ha chiesto di aprirlo. Mi ha imposto di reggerlo, mentre imbracciava il violino. ”Mica ti dispiace?” ha sorriso.
La musica è dolce. Sul volto di Maria sono spariti gli affanni e le paure della fuga. Gli occhi mi si chiudono. Devo essere vigile. Sono il padre putativo, ma pur sempre il capofamiglia. E’ vero, ho i miei anni. Però conosco un mestiere. Sono un falegname specializzato. E Dio lo sa se in Egitto hanno bisogno di mano d’opera. Non è mica la Giudea? L’Egitto è ricchissimo. Spero solo che l’asino non ci lasci prima di raggiungere la frontiera. Se il deserto è un mare, il nostro asino è poco più di una zattera.
Siamo emigranti. Siamo clandestini. E il bambino non è  che un povero Cristo.

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